Sono le otto del mattino ed il termometro segna meno quattro, ma oggi, puntando gli occhi al cielo, non vedo i palazzi a vetri di Milano ma questa meraviglia della natura. Sono in Valsassina.

La stagione di pesca è chiusa ma la vecchia riservina del Pioverna, che frequentai qualche anno fa, è ancora aperta tutto l’anno.

Oggi pesco con l’esca naturale, la larva di Galleria mellonella, e con una canna fissa, la Daiwa Sagiri da 5.40 mt, 5 mt di nylon dello 0.12, un piombino da mezzo grammo, un amo del n 12. Sul filo lego tre fiocchetti di lana di diverso colore per evidenziare la posizione dell’esca. E’ la tecnica che i giapponesi chiamano Keiryu Tsuri.

La canna è straordinariamente leggera, di quelle che piacciono a me, pesa meno di un etto, ed è estremamente flessibile. Proprio in virtù di quest’ultima caratteristica va usata con piombi molto leggeri, inferiori al grammo direi, pena la completa perdita di sensibilità sulla mangiata. Usata con un singolo pallino del n.4 trasmette al pescatore la posizione di ogni singolo sasso presente sul fondo e le beccate più deboli, permettendo ferrate immediate.
Mi posiziono all’altezza del punto elettivo di pesca, tipicamente un giro d’acqua creato da un masso o a valle di una cascatella, lanciando l’esca un metro a monte e la lascio scendere in corrente in maniera naturale, senza applicare alcuna forza all’esca, mantenendo il filo in tensione aiutandomi coi segna filo.

I tre fiocchetti di colore diverso mi aiutano a capire, oltre alla posizione dell’esca in tutte le situazioni di luce, la profondità dell’acqua, l’inclinazione del filo rispetto alla corrente, e le mangiate delle trote.
In caso di abboccata, infatti, oltre al feedback tattile della canna, si vedono inequivocabili scatti dei fiocchetti che ci indicano di ferrare il prima possibile.
Nonostante la abbondante presenza di Iridee d’allevamento, non si vedono grossi risultati durante i primi lanci. Solo qualche piccola Fario del fiume cede all’inganno.


Lentamente, anche le “pollo” da riserva si mettono in attività e qualche esemplare mette sotto sforzo la giapponesina di casa Daiwa.

Oggi ho con me il Daiwa One Touch Keiryu Damo da 30 cm di diametro. Si tratta di un guadino giapponese, un damo appunto, richiudibile e trasportabile, una volta chiuso, nella sua custodia, legata alla cintura.
Quando pesco a Tenkara non uso quasi mai il guadino. Di solito uso code più lunghe della canna e per forza di cose, recuperando il pesce, mi tocca prendere in mano la level. Prendere il filo con la mano è sempre piuttosto rischioso perché si perde tutta la ammortizzazione della canna ed il pesce può rompere il filo o slamarsi. Il guadino viene usato solo dopo aver preso il filo con la mano e quindi il suo utilizzo si limita a tenere il pesce nella rete una volta salpato con le mani.
Nel keiryu tsuri, invece, trovo molto comodo il guadino. La lenza è più corta della canna di mezzo metro e sollevando il braccio destro mi trovo la preda, una volta stancata, esattamente sotto i piedi dove tengo, col braccio sinistro, il damo. Può sembrare superfluo ma pescando con filo molto sottili e canne molto delicate, l’uso del guadino è veramente comodo.
Una volta infilato il manico del damo nella cintura e la canna nello stivale, ho entrambe le mani libere per poter slamare il pesce velocemente e senza traumi o annoccarlo in modo rapido e indolore.

Le catture continuano e la mattinata si conclude con la quota.


Quel cilindro di bamboo con il tappo e il cordino è il porta esche. E’ una mia creazione copiata da qualche sito giapponese. Ho comprato il bamboo, l’ho tagliato, levigato, bucato e verniciato. Ho costruito il tappo e ci ho fatto passare il cordino che vedete. Si porta al collo e si apre e si chiude con una mano. Comodissimo.
Sicuramente Keiryu tsuri e Tenkara sono tecniche molto diverse, ma condividono qualcosa di molto importante: la semplicità e la leggerezza.
complimenti sei un artista